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Breve storia della localizzazione dei videogiochi (seconda parte)

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Seconda parte della Breve Storia della Localizzazione dei Videogiochi. Nel precedente articolo abbiamo esplorato la nascita della localizzazione e di come sia nata per necessità pratiche prima di ogni altra cosa. Abbiamo anche visto come solo verso la fine degli anni ’80, con Super Mario Bros, si sia “sperimentato” con successo la traduzione di scatola e istruzioni in 5 lingue. Il gioco, già un successo per il suo gameplay, è stato un successo globale anche per il suo essere accessibile a chi non parlasse inglese o giapponese.

Il Boom della Localizzazione dei Videogiochi

Lo sviluppo dell’industria dei videogiochi, soprattutto grazie alle console di Nintendo, Sega e successivamente Sony, ha spinto numerosi sviluppatori di videogiochi ad investire sempre di più in traduzione e localizzazione. Così, dopo i “Box & Docs”, si iniziò a tradurre anche gli elementi visivi e l’audio dei giochi.

A memoria, uno dei primi giochi interamente tradotti in italiano fu Formula 1 della Bizarre Creations rilasciato nel 1996. Il gioco ha sia gli elementi visivi che l’audio in inglese, francese, tedesco, spagnolo e, come detto, italiano. Il commento durante la gara, per altro, fu affidato a leggende come Murray Walker ed ex-piloti come Jochen Mass e Philippe Alliot. Degna di nota è anche la colonna sonora affidata a Steve Vai e Joe Satriani.
In generale comunque, il titolo che per eccellenza rappresenta il punto di non ritorno nella localizzazione è Baldur’s Gate. Anche in questo caso, bellezza del gioco a parte, Baldur’s Gate è stato il primo gioco “enorme”, per stringhe e file audio, ad essere stato tradotto in numerose lingue.

La corsa alla traduzione, comunque, ha anche spinto alcune compagnie a traduzioni affrettate che rimangono ancora oggi nella memoria collettiva nerd. Uno dei primi meme su internet, per esempio, deriva dal gioco Zero Wing con l’ormai mitico “All your base are belong to us” (c’è persino un articolo su Wikipedia dedicato a questa traduzione). In Italia, credo che il doppiaggio di Hitman: Codename 47 meriti una menzione speciale, specialmente “Questo bel tonno è calico di loba” che credo non abbia bisogno di commenti.

Breve storia della localizzazione dei videogiochi (seconda parte)
all your bases are belong to us
Breve storia della localizzazione dei videogiochi

I giorni nostri

Quello iniziato alla fine degli anni ’90 è diventato un processo che oggi è quasi dato per scontato, spesso anche per titoli non AAA. Con lo svilupparsi del mercato, le traduzioni non si limitano più ai FIGS (francese, italiano, tedesco, spagnolo). Oggi è diventato indispensabile tradurre anche in cinese, russo, polacco e portoghese.

Quello che si sta cercando di realizzare ultimamente è trovare il giusto equilibrio tra localizzare un gioco e mantenerne lo spirito. Per esempio, Shadow of the Tomb Raider, ambientato in Messico, presenta la “immersion mode” nella quale gli NPCs parlano spagnolo. Un altro esempio è Cyberpunk 2077 dove, quando alcuni NPCs parlano in spagnolo o giapponese, i nostri “impianti” ci permettono di visualizzare la traduzione attraverso i sottotitoli.

Per finire, è degno di nota anche il lavoro infaticabile (e non retributo) delle communities. Grazie allo sviluppo di internet nei primi 2000, infatti, molti fans si sono adoperati a tradurre giochi quando le compagnie non lo facevano. In Italia uno dei primi esempi è Arcanum ma la cosa continua ancora oggi (per esempio, Europa Universalis IV e, con alti e bassi, Disco Elysium). Insomma, possiamo stare tranquilli che, dove non arrivano gli sviluppatori e gli editori, possiamo quasi sempre contare sulle communities che non possiamo mai ringraziare abbastanza per i loro regali!

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