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God of War Ragnarök: Immortale

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God of War Ragnarök non è una rivoluzione, semmai è un perfezionamento.

Probabilmente Santa Monica Studio e Sony si sono trovati in una situazione molto simile a quella vissuta da Francis Ford Coppola, quando creò il sequel del suo capolavoro Il Padrino. Come nella seconda parte della storia di Corleone, God of War Ragnarök introduce sotto la lente d’ingrandimento un membro più giovane e feroce della famiglia. Riuscendo non solo a raggiungere le vette del suo predecessore, ma addirittura a sovrastarlo.

Scrittura, musica e performance sono ineguagliabili e creano un gioco in cui un gigantesco Dio fa a pezzi ogni cosa gli si pari davanti. I momenti più scioccanti però non sono quelli bagnati dal sangue bensì quelli trasportati da emozioni sincere e parole profonde. Come quando un ex Dio della guerra, noto per aver sterminato senza pietà i suoi parenti, trova la via per entrare in empatia con la perdita, oppure un bambino afflitto che implora il padre di spezzare un ciclo autodistruttivo, o ancora un attimo di tenerezza nella vita di un ragazzo che sente sulle spalle il peso del mondo.

Tutto è perfettamente incastrato per dare vita ad una storia monumentale, che aggiunge senza alcun dubbio, al panorama dei videogiochi, un tassello di riferimento fondamentale. God of War: Ragnarök è un gioco ben scritto che esplora: la perdita e l’amore, il dolore e la crescita, la sfida e la determinazione. Rimanendo generici e senza fare spoiler, la storia riprende qualche anno dopo rispetto alle rivelazioni finali di God of War del 2018.  La mitologia degli Dei nordici viene decostruita e rielaborata come un’odissea familiare. La trama cammina lungo una linea grigia, in cui il sottile confine tra bene e male, eroi e cattivi inevitabilmente si confonde. L’attenzione non è incentrata sulla fine del mondo, ma ruota intorno coloro che giocano un ruolo essenziale.

God of War Ragnarök: immortale

Nonostante Kratos e Atreus siano le star indiscusse dello spettacolo, ogni personaggio è ben caratterizzato e si trova nel mezzo del proprio complicato viaggio. Ci sono dei momenti in cui personaggi facilmente detestabili, rivelano i propri demoni e debolezze. Umanizzarli è sufficiente per  indurre il giocatore a domandarsi perché debba empatizzare solo per i “buoni” e non anche per i “cattivi”. La risposta non è così facile come potrebbe sembrare. 

God of War Ragnarök, rispetto al suo predecessore, tratta le differenze di prospettiva tra padre e figlio in modo molto diverso. Kratos cerca di conoscere meglio suo figlio invece di definirlo, mentre Atreus cerca di comprendere il punto di vista del padre. I personaggi vengono trascinati in un territorio inesplorato e ad un nuovo reciproco rispetto, che alimenta a sua volta la crescita della saga.

God of War Ragnarök: immortale

È un gioco lungo, ma ogni fase del viaggio, la stratificazione della scrittura, la recitazione impeccabile e la splendida scenografia, scorre senza mai annoiare. Il lungo tempo trascorso con ogni personaggio permette, inoltre, di coltivare con gli stessi un’intimità e guardare attraverso i loro occhi cosa influenza il loro pensiero.   

God of War Ragnarök si conferma un gioco avvincente da prendere in mano ed emozionate da vedere. Un’indimenticabile saga norrena che fonde perfettamente insieme azione e avventura. Un’opera completa che rispecchia tutto ciò che un sequel dovrebbe essere, rispetto per il suo passato, ma senza la paura di lasciare la comfort zone per creare nuovi ed entusiasmanti scenari.

Dopotutto God of War Ragnarök non poteva che essere immortale.

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Gianna Calatozzo

Ciao sono Gianna, ho una laurea in Giurisprudenza, un tesserino dell’ordine degli avvocati a cui vorrei aggiungere quello da giornalista. La passione per la scrittura, nata sulla carta e poi migrata sulla testiera, mi accompagna da sempre. A 6 anni gli altri volevano fare gli astronauti; io avevo già le idee chiare: volevo fare la giornalista.

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