Poirot, che buco nell'acqua!

Poirot, che buco nell'acqua!

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Poirot, che buco nell’acqua!

Poirot, che buco nell'acqua!

Le storie sono immortali. Possono essere rinarrate nel corso degli anni, adattandosi di volta in volta ad esigenze diverse.

È un bisogno insito nell’essere umano, ha dato origine a dozzine di versioni dello stesso racconto mitologico, ed ora è alla base di reboot e compagnia bella.

Certo, qualcuno più malizioso potrebbe dire che per i reboot di serie tv o film famosi si tratta di mera questione economica, ma questo non spiega perché noi pubblico continuiamo a vedere cose che sono già state fatte in passato.

Perciò ci sta che il Poirot di Kennet Branagh abbia qualcosa di nuovo. Non fa altro che aggiungere un nuovo sostrato a un personaggio già presentato al grande schermo, dando un’interpretazione più in linea coi nostri tempi.

Ciò che stona, la cosiddetta nota marrone, è che il nuovo film della saga di Poirot è, a conti fatti, non un film su Poirot.

Fantasmi che uccidono i vivi?

Poirot, che buco nell'acqua!

Assassino a Venezia è il terzo film su Poirot con Kenneth Branagh come protagonista, e fa rivalutare di molto Assassinio sul Nilo.

A differenza dei film che lo hanno preceduto, non si ispira direttamente ad un libro di Agatha Christie, ma è basato su un suo libro.

Significa che c’è un libro da cui sono stati presi degli elementi, ma la storia è del tutto differente. Il film trae ispirazione da Hallowe’en Party (in Italia Poirot e la Strage degli Innocenti), ma a parte qualche rimando alla storia originale, devia completamente il suo corso, raccontando tutta un’altra storia.

Innanzitutto, l’ambientazione. Nel libro la festa di Halloween del titolo è ambientata in un villaggio inglese, non a Venezia. Meno affascinante, ma non è l’unica differenza.

Non ci sono sensitivi, fantasmi o madri addolorate. Joyce Reynolds non è una sensitiva, ma una tredicenne bugiarda e con la bocca troppo grande, Leopold è suo fratello minore, non come visto nel film il figlio di un medico don un grave caso di PTSD.

Rowena Drake non è una madre a cui è appena morta la figlia, ma una ricca vedova molto giovane, con zero istinto materno. Lei non l’avremmo mai vista consolare una bambina, a differenza della sua controparte filmica.

E poi ci sono loro, i fantasmi. I grandi assenti della storia originale, introdotti per aggiungere pathos ad una storia che, se si fosse seguito la trama originale, non  ne avrebbe avuto bisogno, dato che già di suo era ricco di colpi di scena.

La domanda sorge spontanea: questi fantasmi sono reali? O è tutto una truffa?

Ecco il grande problema: non si sa.

Rimane il dubbio, un po’ per scelta stilistica, un po’ per buchi di trama durante il film. Poirot indaga, scopre, spiega, ma certi dettagli, notati da noi pubblico ma non da lui, li tralascia.

Poirot, che buco nell'acqua!

Errore dell’investigatore? No, più come dimenticanze del regista, che ha calcato la mano sul paranormale, dimenticandosi che si trattava di un giallo, e dunque ad un certo punto sarebbe dovuta prevalere la razionalità.

Cosa che si è scelto di non fare, seguendo la strada, un po’ decadente, un po’ romantica, dell’altro dopo la morte. Facendo rimanere il dubbio se in effetti ci sia.

Il film, se guardato con l’occhio di chi è appena andato a vedere The Nun II e ora vuole qualcosa di più leggero, si fa guardare.

Perfetto per gli amanti del paranormale. Un po’ meno per chi, dopo Assassinio sul Nilo, si aspettava altro.

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