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3 difetti principali di Julia, le avventure di una criminologa

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3 difetti principali di Julia, le avventure di una criminologa

Julia Kendall, investigatrice dell’animo

Le avventure di una criminologa è un fumetto poliziesco di tutto rispetto.

Julia


Ma questo non significa che non ci siano elementi nella storia che proprio non funzionano, o addirittura discutibili…

Giancarlo Berardi ha creato ”l’investigatrice dell’animo” nel 1998, dandole le fattezze della sua attrice preferita, Audrey Hepburn.

Julia Kendall è acuta, brillante e impavida, ma è una donna tutto sommato ordinaria.

Al contrario di altri personaggi bonelliani come Dylan Dog e Martin Mystère, non si scontra contro nemici sovrannaturali, non ha capacità sovrumane o quasi: il che si adatta alla perfezione al suo genere letterario, il noir.

Insomma, dovrebbe essere un personaggio in cui è facile rispecchiarsi.

Il fumetto è spesso narrato sotto forma di diario intimo, attraendo un pubblico composto per lo più da lettrici.

Julia

Fin qui, tutto bene.

La perfezione non esiste…

Ironicamente, è l’apparente mancanza di difetti della protagonista il problema.

Julia è un modello di perfezione, al punto da risultare persino po’ antipatica: sempre la più colta, la bussola morale della situazione, la persona più intelligente nella stanza… Riesce persino a conciliare il suo lavoro come criminologa e come docente con una facilità impressionante, insomma, è umana?!

Se questa simil-perfezione si può perdonare a eroi di altri tempi e altri generi letterari, come Tex, non si può perdonare in un personaggio che dovrebbe essere realistico.

La nostra eroina assume spesso un atteggiamento da “prima della classe” e sembra circondata da personaggi che servono, in buona parte, a farla apparire ancora più brillante.

Nella maggior parte dei casi i poliziotti non saprebbero dove sbattere la testa senza di lei.

La sorella, Norma, è una modella tossicodipendente allo sbando, al contrario di Julia, una criminologa e docente universitaria con la testa sulle spalle.

La governante afroamericana Emily, con le fattezze della mitica Whoopi Goldberg, commette spesso strafalcioni, che la nostra eroina prontamente corregge.

Emily e Julia



Parliamo di Emily

Su Emily bisogna aprire una lunga parentesi: per quanto il personaggio in sé sia amabile, è un ricettacolo di stereotipi problematici.

Donna afroamericana corpulenta e dalla pelle scura, si prende cura in modo materno della protagonista bianca, adulta e vaccinata, più di quanto si occupi della sua stessa famiglia: in poche parole, una “mammy”.

Per non parlare del fatto che in passato, le donne nere sul grande schermo sono state spesso confinate nel ruolo di domestiche.

In questo fumetto, l’unica donna nera con un ruolo importante è la cameriera della protagonista, e per di più, è una donna che a volte dimostra scarsa proprietà di linguaggio (altro stereotipo sugli afroamericani duro a morire).

Se ci fossero altre donne nere nella storia con una caratterizzazione diversa, questo effetto sarebbe mitigato, ma Emily è sola in un cast di personaggi interamente bianchi.

Se questa vi sembra una critica eccessiva, chiedetevi: che bisogno c’era che Emily facesse da ”tata” (ed è stata definita così persino dagli autori stessi) alla sua datrice di lavoro, una donna matura? (Julia, svegliati, sei già nell’età della ragione…)

Non ha già una famiglia sua – anche piuttosto numerosa, Emily potrebbe farne tranquillamente una squadra di calcio – di cui occuparsi? E che bisogno c’era di farla apparire come una persona ignorante per far ridere, o per far apparire la sua datrice di lavoro bianca ancora più istruita?

Si potrebbe anche aggiungere che una ex attivista delle Pantere Nere, come lo è Emily, non metterebbe mai la propria datrice di lavoro bianca e privilegiata al primo posto rispetto ai propri familiari.


Rapporti che non convincono

Diciamocelo: il rapporto di amore/odio col poliziotto Alan Webb ha stancato.

Alan e Julia

Pronti a urlarsi addosso in ogni battibecco (discussioni che tra l’altro, appaiono spesso artefatte) e opposti in tutto, se questi due si sposassero finirebbero per divorziare nel giro di una settimana.

Litigare in continuazione gridando a squarciagola non è indice di una relazione sana, al contrario di quello che un certo proverbio italiano vorrebbe farci credere.

Brusco e burbero al punto da sembrare una caricatura, Alan manca di carisma, e non si intravede una reale affinità fra i due.

Nella vita reale, difficilmente una persona come Julia lo vedrebbe come un potenziale partner.

Non sarebbe meglio cambiare la dinamica del loro rapporto?

Anche la storia d’amore col suo amante italiano sa di fasullo. Data la natura ”statica” di fumetti di questo tipo, in cui certi elementi base del personaggio non possono cambiare e devono rimanere come punti fermi rassicuranti, i lettori sanno bene che non andrà da nessuna parte.

Lui rimarrà in Italia, inoffensivo, perché non si può modificare lo status quo.

Idem per il suo rapporto con l’investigatore Leo Baxter, personaggio divertente ma improbabile (adottato da una famiglia nera, esce esclusivamente con donne nere) che flirta con lei in continuazione.

Ricapitolando…

Julia è un fumetto poliziesco valido, ma manca di una protagonista davvero credibile. Troppo ”perfettina” per suscitare simpatia.

Il modo in cui è rappresentata Emily è, pur non intenzionalmente, stereotipato e offensivo.

Le storie d’amore di Julia sono stagnanti e ormai prevedibili nel loro “nulla di fatto”: poiché questo difetto è legato alla struttura stessa del fumetto, è il più difficile da correggere.
Il rapporto con Alan Webb, in particolare, non convince granché.

Voi cosa ne pensate?

Se vi va, fatecelo sapere nei commenti!



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