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Il cameraman e l’assassino.

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Il cameraman e l’assassino.

La storia di cui andiamo a parlare è quella di una troupe.

Una troupe intenta a documentare la vita quotidiana di un omicida, mostrando allo spettatore la sua routine, i suoi sistemi per uccidere e la scelta delle proprie vittime.

Il film di cui andiamo a parlare è…

Francamente non so perché stia cercando di farvi credere di riferirmi a Behind the Mask.

Il titolo dell’articolo lo avete già letto.

Il cameraman e l’assassino (titolo originale C’est arrivé près de chez vous ossia “È successo vicino a te”) è un film francese del 1992 diretto e interpretato da Rémy Belvaux, André Bonzel e Benoît Poelvoorde.

A differenza della pellicola slasher del 2006 con cui sembra condividere l’idea di base, questo film vede per protagonista un normale serial killer, che seleziona e uccide le sue vittime con lo scopo di derubarle. Non è un grande spoiler, poiché è la dichiarazione del personaggio stesso a inizio film. Ma state attenti: da qui in poi è tutto SPOILER!.

Un normale assassino francese

Benoît, interpretato da… Benoît… non ha studiato le gesta dei colleghi più famosi. Non indossa una maschera o ha cambiato nome per rifarsi a una vecchia leggenda locale. Non si allena per essere capace di simulare la propria morte, in modo da lasciare il finale aperto a un sequel.

Ciò che caratterizza questo film è uno stile asciutto, privo di fronzoli hollywoodiani. Non esiste un cambio di stile fra le interviste e gli omicidi. Tutto è coerentemente filmato come un documentario, il che lo rende ancora più grottesco.

È un film spietato. Veramente, veramente spietato. Omicidi e violenza sono rappresentati con una crudezza che li rende molto più intensi e terribili di quelli di Leslie Vernon.

Senza rendersene conto, lo spettatore sprofonda in una realtà cinica, violenta, puramente sadica e che non riguarda solo Benoît.

In un atmosfera a metà fra il Benny’s video di Michael Hanenke e il nostrano Cannibal Holocaust, i documentaristi assistono ai delitti (fra cui un infanticidio) senza battere ciglio, addirittura continuando a intervistare Benoît. Valerie, la fidanzata di Benoît (forse adescata da minorenne, la cosa non è molto chiara), considera distaccamente quello che il suo ragazzo fa come un modo per guadagnarsi la vita. Né lei né nessun altro dei presenti mostra una particolare reazione quando Benoît accidentalmente spara in testa a uno degli invitati alla sua festa di compleanno.

Il nostro eroe, signore e signori!

Benoît è un persona aperta, generosa, affezionata, sempre allegra: in due parole semplicemente sgradevole.

MAN BITES DOG, Benoit Poelvoorde, with his grandfather, Hector Pappaert, 1992.

Un lampante caso di narcisismo. Offensivamente razzista, irresponsabile, triviale nei suoi momenti di massima allegria, fino a sfociare in comportamenti disgustosi.

Prendendo in prestito un termine da Zerocalcare, Benoît è uno che si “accolla” al regista e alla troupe del documentario, trascinandoli sempre più a fondo con lui, fino al tragico epilogo.

Da prima restii ad accettare anche solo un invito a cena, si trovano sempre più invischiati nella sua raison d’être: dopo una notte passata a bere insieme, si uniscono a lui allo stupro e al massacro di una coppia.

Neppure la morte dei primi membri della troupe convince il regista Remy, interpretato… dal regista Remy… a interrompere il lavoro.

Il cameraman è l’assassino.

I ruoli si fondono fra loro. Benoît si trasforma nel produttore del documentario e analizza il filmato per commentare le proprie azioni. I cinematografi si trasformano in complici attivi agli omicidi e si ritrovano a doversi giustificare con Benoît per non essere intervenuto quando una vittima è fuggita.

Essi finiscono per accettare il suo modo di fare, come Valerie, e come lei rimangono uccisi per il loro coinvolgimento. Esattamente come poco prima era accaduto a un altro regista e un’altra troupe che come loro stavano riprendendo la vita di un criminale ucciso da Benoît. Quando si parla di un foreshadow ben fatto.

Cinismo e Sadismo nell’assassino.

Cinismo e sadismo sono due concetti che teoricamente non dovrebbero essere assimilabili.
Il cinico è freddo e distaccato.
Il sadico è coinvolto in quello che fa.
Eppure queste due nature convivono delle azioni di Benoît.

Per lui l’omicidio è principalmente una fonte di reddito. Mentre uccide un bambino discute con la troupe che di solito evita l’infanticidio, perché poco redditizio. Alla stesso tempo è però evidente che ama quello che fa. Seppur poco redditizio, l’infanticidio lo diverte, come dimostra il drinking game che ha creato sul Piccolo Gregory, un fatto di cronaca del 1984 che sconvolse la Francia.

Dietro la maschera di serietà professionale di Benoît, si intravede quella di un bimbo felice, molto più naturale dell’allegria che lo pervade nel quotidiano.

L’orgoglio con cui mostra il suo modus operandi e fa udire a microfonista il suo di un collo che si spezza è tangibile.

È evidente.

È terrificante.

Benoît anche nei suoi lati più umani e affettivi, si caratterizza come uno dei personaggi cinematografici più spaventosi mai realizzati.

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Elisa Bellumori

Laureata in Lettere e Antropologia, tutto il suo piano di studi si può tradurre in cinque semplici concetti: libri, fumetti, cinema, media, pizza. Cerca di farsi strada come scrittrice. Nel frattempo vi studia e osseva. Praticamente innocua.

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