Better Nate than ever – Ovvero, quante volte la Disney può evitare di usare la parola gay
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Better Nate than ever – Ovvero, quante volte la Disney può evitare di usare la parola gay

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Better Nate than ever – Ovvero, quante volte la Disney può evitare di usare la parola gay

Better Nate than ever – Ovvero quante volte Disney può evitare di usare la parola gay

Dodici anni è un’età difficile. Non si è né adolescenti né bambini. Si è una strana via di mezzo, un guazzabuglio di ormoni, rabbia e problemi che nessuno, prima di tutto noi, sappiamo come risolvere. I rapporti coi genitori sono difficili.

Li togliamo dal piedistallo in cui li abbiamo messi da piccoli, li amiamo ed odiano in un mix confuso che nemmeno noi comprendiamo.

Li consideriamo nemici, e la frase più comune è loro non capiscono!

Apriti cielo poi se si hanno fratelli o sorelle maggiori, magari più dotati di te e che hanno già chiaro cosa vogliono fare nella vita.

Questa, all’incirca, è la premessa di una buona parte dei film dell’ultima era di Disney Chanel e, ora, Disney plus.

Ma mettiamoci un dodicenne queer al posto della solita ragazzina e una sottotrama che riguarda ad un altro tipo di scoperta di sé, e avrai un film diverso.

Facendo ben attenzione, però, a non pronunciare mai la fatidica parola. Gay.  

L’amore è universale, ma meglio non dirlo ad alta voce

Better Nate than ever è tutto questo. Un film godibile, con un protagonista dolce, diverso dal solito bad boy o dalla ragazzina ingenua propinateci  spesso da Disney, con un sogno nel cassetto: cantare a Broadway.

Che Nate sia diverso è chiaro a tutti, dal protagonista, alla sua famiglia, finanche a una dolce anziana signora sull’autobus che deve spiegare alla migliore amica di Nate perché lui non può ricambiare i sentimenti della ragazzina.

Storia di accettazione di sé, di lotta per i propri sogni, di superare le difficoltà e i tiri mancini della vita. Questo è Better Nate than ever, un viaggio alla scoperta di sé e del mondo.

Tutto molto carino, se non fosse il film taglia un sacco di scene importanti dal libro da cui è ispirato, tra cui una scena al gay bar, un bacio tra due ragazzi e il protagonista che guardandoli dà di matto perché il bacio risveglia cose in lui, tra cui la comprensione del perché non è come gli altri ragazzini , fino al finale coming out.

Tutto questo non c’è.

Il film si concentra su un altro percorso, quello che porterà al raggiungimento del traguardo finale di Nate, ma tralascia l’altro percorso, più intimo, del protagonista.

Mancanza di tempo?

I più smaliziati potrebbero dire che in casa Disney vogliono strizzare l’occhio alle minoranze, ma non troppo, per non perdere consensi in una frangia di pubblico moderata e tradizionalista.

Ogni occasione per far soldi è buona, basta che ci si sappia auto censusare.

Tuttavia, chi siamo noi per dirlo? Il pubblico che ne sa di certe sottigliezze?

Il film è da vedere, nonostante i suoi difetti. E se dopo piace e si vuole mandare un messaggio chiaro ai vertici della Disney, leggete il libro.

Così potrete rivivere la grande avventura di Nate senza tralasciare nulla.

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