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A Tutto Reality – L’Isola, la recensione del reboot

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A Tutto Reality – L’Isola, la recensione del reboot

Più o meno verso il 2007, Jennifer Pertsch e Tom McGillis ebbero un’idea per un nuovo cartone animato, un’idea che si sarebbe rivelata brillante.

Se show di sopravvivenza come Survivor scalavano le classifiche, perché non farne una parodia/omaggio con protagonisti adolescenti e sfide ancora più assurde, magari su un’isola deserta?

Ventidue ragazzi alla mercé di un presentatore sadico, e solo uno di loro avrebbe portato a casa il premio in denaro: come premessa poteva andare bene.

A Tutto Reality – il cast originale

Forse c’è ben poco di più trash dei reality show, non neghiamolo: ma la loro scommessa funzionò. La serie canadese (Total Drama in originale) si è guadagnata un cult following e ha diverse stagioni al suo attivo, più due spinoff.

Inoltre, è particolarmente popolare in Italia, in cui il reboot è stato trasmesso in anteprima mondiale. Potete trovarlo su Discovery+ , o sul canale K2.

A Tutto Reality – L’Isola: Il Ritorno, diviso in due stagioni (di cui l’ultima terminata da poco) è arrivato dopo lunghi anni di assenza. Si è rivelato all’altezza delle aspettative?

Una scena del reboot

Per fortuna, la riposta è – con qualche riserva. (L’articolo non contiene spoiler, proseguite tranquilli.)

A Tutto Reality – L’Isola, uno dei cast migliori di sempre

Qual è uno degli elementi più importanti per raccontare una buona storia? Dei buoni personaggi, certo – e il nuovo cast è uno dei più solidi di questa serie, se non il migliore in assoluto. (Anche se, da buon fan, tendo ad avere una preferenza nostalgica per il cast originale: n.d.e.)

Ogni stagione necessita dei propri villain: senza rivelare nulla, gli antagonisti sono la mia parte preferita del reboot. Spesso “rubano la scena” agli altri, e sono le loro manovre a rendere tutto più interessante.

Questo franchise ha sempre avuto una componente satirica, con tanto di stereotipi e cliché. Per fare qualche esempio, abbiamo Julia, influencer superficiale, Ripper, “uomo alfa”, e Chase, Youtuber egocentrico: tutte caricature che funzionano (e alcuni di loro sono più di ciò che sembrano).

Chris e Chef, lo storico duo che presenta lo show, non si smentiscono mai. Forse Chef è meno brutale di un tempo e ricopre più spesso il ruolo di “voce della ragione”, ma la loro dinamica rimane una garanzia.

Col reboot arriva anche il primo personaggio apertamente gay di A Tutto Reality, Bowie, a testimoniare i passi avanti che la rappresentazione LGBT+ ha fatto negli anni.

Tutto bene, a parte…

Una sfida del reboot

Diciamoci la verità: qualche eliminazione scontata c’è, ma è del tutto normale. Lo show riesce a mantenere un buon livello in ogni episodio, con sfide ingegnose e ben ideate. Anche se l’eliminazione dei cosiddetti “fan favorite” non va mai giù, in ogni episodio un personaggio deve essere eliminato: sono le regole del gioco.

I momenti comici funzionano bene, e i riferimenti alla cultura pop (un po’ datati, ma sempre d’effetto) non sono mai stonati.

Riferimenti alla cultura pop

A non convincere è la permanenza eccessiva di alcuni personaggi nella seconda stagione, in funzione di un arco narrativo noioso. Questo, unito allo scarso utilizzo di alcuni personaggi con grandi potenzialità, ha fatto alzare un sopracciglio a gran parte degli spettatori.

Anche le relazioni amorose non sono del tutto riuscite. Alcune sono adorabili (implicite o meno) e gli viene lasciato poco spazio, altre di spazio sembrano prenderne anche troppo.

Un altro aspetto su cui i fan hanno avuto a ridire è la mancanza di “filler”. Nelle stagioni precedenti vedevamo spesso i partecipanti interagire al di fuori delle sfide, cosa che nel reboot accade con meno frequenza.

Il personaggio più assurdo è Lauren (alias Scary Girl), una sorta di mix tra Harley Quinn e Mercoledì. La sua comicità non piace a tutti: sono fra coloro a cui questo tipo di umorismo non dispiace, ma a ognuno il suo.

Infine, la nuova sigla – parlo dell’originale inglese – non regge il confronto con la vecchia. Mi dispiace, ma “Hey, what’s up, I’m here to slay” come verso non convince granché…

In breve: un reboot per cui è valsa la pena di aspettare, anche se non perfetto, che ha più che accontentato i fan.

Potrebbe essere approvata una terza stagione; lo spero bene, perché sarebbe un peccato “archiviare” adesso un cast che può ancora dare moltissimo.

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