Sir Gawain e il cavaliere verde: il mito che esce dal mito
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Sir Gawain e il cavaliere verde: il mito che esce dal mito

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Da alcune settimane, su Amazon Prime Video, potete ammirare Sir Gawain e il cavaliere verde. Di cosa si tratta? Ci troviamo di fronte al solito sfruttamento del filone fantasy oppure ad un lungometraggio che porta avanti la poetica di genere?

Gawain, mito di fondazione della cultura anglosassone, è tra le storie più studiate della letteratura inglese. Probabilmente, per la sua ambiguità, e la stratificazione di significato che non si traduce nella mera ortodossia del viaggio dell’eroe.

La trama è di dominio pubblico. Gawain, nipote di re Artù, non è ancora cavaliere. Per diventarlo, si propone di raccogliere la sfida lanciata dal cavaliere verde, un essere misterioso giunto alla corte del monarca durante i festeggiamenti del Natale. La proposta di questi è semplice: lo sfidante dovrà sferrare un colpo al cavaliere verde. A distanza di un anno, colui che ha colpito il cavaliere verde riceverà lo stesso colpo da lui. Gawain impugna la spada di Artù e decapita il convenuto, festeggiando la prodezza per tutto l’anno a seguire. Quando il nuovo Natale si avvicina, Gawain, in preda all’angoscia e ai dubbi, intraprende il viaggio che lo porterà dal cavaliere verde…

Le peripezie di Gawain parlano. già dal testo di partenza, di un eroe atipico. E nel film questa caratteristica viene raccontata con scrupolo. Tra l’imboscata dei briganti, la visione della santa Winifred e le prove degli amici castellani, il giovane sembra avanzare in un mondo che non gli appartiene. Lontano da casa, Gawain non è né acuto né coraggioso, né moralmente irreprensibile. La narrazione è costellata di simbolismi e la traccia lineare viene destrutturata nel profondo.

Ciononostante, il racconto procede come lungo la perfetta circolarità di un orologio. Il ciclo di Gawain si muove in un senso – il viaggio verso la morte – e nel suo contrario – la fuga dal destino – e cerca, in tal modo, più l’escatologia di Ingmar Bergman (Il settimo sigillo, 1957) che la retorica dei cavalieri, delle armi e degli amori. Il regista, David Lowery, mette in scena il suo racconto con una fotografia di rara bellezza, fatta di incredibili chiaroscuri, di ori bassomedievali e contrasti forieri di mistero e horror vacui.

Tutto questo, si spera, dovrebbe suggerirne la visione. E ovviamente la fine di sir Gawain, tutta da scoprire, non ve la anticipiamo.

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