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Lost in adaptation: Cose Preziose

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Lost in adaptation: Cose Preziose

1991.

Il countdow al nuovo millenio è sceso a una cifra.

Berlino è di nuovo una città unica.

E Stephen King pubblica il suo nuovo romanzo “Cose Prezione” (Needful Things) a cui segue, un paio d’anni dopo, la versione cinematografica per la regia di Fraser Clarke Heston. Sì, il figlio di Charlton Heston, per chi se lo chiedesse.

Come il matrimonio fra due celebrità, il connubio fra Stephen King e il cinema è sempre stato molto combattuto. In particolare per quello che riguarda la fedeltà al materiale originale. Un problema comune a tutti i riadattamenti, ma specialmente discusso con King.

La leggendaria diatriba fra King e Kubrik sul set di Shining – che potrebbe come non potrebbe essersi risolta in un duello con spade laser e onde energetiche – è spia di questo problema.

Dal libro al film molte cose possono cambiare. Personaggi possono mutare o fondersi inseme. Sottotrame possono essere cancellate. Ambiente e periodo temporale possono trasformarsi radicalmente. Interi scenari possono essere modificati al punto da avere l’impressione di trovarsi di fronte a una storia completamente diversa.

E ciò porta alla domanda: è così anche per Cose Preziose?

In breve…

Sì.

Potete andare tranquillamente per la vostra strada ora.

Ma se siete in fila dal dottore e vi serve qualcosa che vi occupi il tempo continuate pure a leggere le mie argomentazioni, considerando che andrete incrontro a SPOILER.

La storia in due paragrafi.

Cose Preziose mette in scena un tale numero di personaggi e una tale rete di trame che a volerle raccontare tutte come sono nel libro non ci basterebbe una serie in tre stagioni. Lo snellimento della storia è una necessità doverosa per la sopravvivenza della produzione e del pubblico. Ma il nucleo stesso del racconto rimane inalterato.

Catle Rock! La Rocca dei romanzi di King.
Apre i battenti un nuovo negozio di oggettistica e il titolare è un distinto gentiluomo appena giunto in città, il signora Leland Gaunt di Akron, Ohio, interpretato da Max Von Sydow… ed è il Diavolo. Inutile prenderci per i fondelli troppo a lungo, è chiaramente il Diavolo o qualcosa di simile, forse il Caos Strisciante Nyarlathotep secondo certe teorie/head-canon. Sicuro, l’eponimo combacerebbe con le conseguenze che il signor Gaunt ha sulla città di Castle Rock.

Gli abitanti di Castle Rock, pur di avere le proprie “cose preziosi” – banalissimi oggetti che gli abitanti tuttavia bramano o sentono legati ai loro ricordi più felici – al vantagioso prezzo di quasi niente accettano l’offerta di Gaunt di fare uno scherzetto a un’altro cittadino. Gaunt aggancia con facilità i propri clienti, indicando come vittime persone già a loro antipatiche.

Una critica al consumismo? Direi più al feticismo della merce.

Gli abitanti di Castle Rock vogliono gli oggetti di Gaunt perché pensano siano ciò che hanno spesso desiderato o che hanno avuto in un passato più felice. Nel romanzo viene anche mostrato come provochino visioni estramamente piacevoli all’acquirente.

L’oggetto si tramuta in droga. E per mantenere il vizio, si procede ad acconsentire alle richieste di Gaunt anche quando queste continuano a escalare. Così quella che all’inizio era un’innocua monelleria assume conseguenze tragiche.

L’iraconda Wilma Jerzyck incolpa la nevrotica Nettie Cobbs dell’insudiciamento delle sue lenzuola pulite, opera invece dell’undicenne Brian Rusk per una figurina di baseball.

Nettie pensa che sia stata Wilma a uccidere il suo cane, ucciso dall’ubriacone locale Hugh Priest per la sua Cosa Preziosa.

Il risultato è un duplice omicidio quando le due donne giungono letteralmente alle armi per lavare l’onta e Brian, roso al rimorso, si spara.

The Devil Went Down to Castle Rock (maybe not)

Fin qui il film ci appare fedele al libro, ma è proprio a questo punto, al suicidio di Brian Rusk, che le cose cambiano.

Lo sceriffo Pangborn, grazie ai suoi prodigiosi riflessi, riesce a far deviare il colpo e Brian – per tutto il resto della storia – rimane ospedalizzato. Completamente diversa la sua vicenda nel libro, in cui in una scena a dir poco emozionante, il ragazzo si uccide di fronte al fratello minore, imponendogli di non avvicinarsi mai a Gaunt.

Il film rivela essere chiaramente un prodotto rivolto alle famiglie, molto più del libro. A riprova di ciò, l’abilità del nostro eroe Alan Pangborn di non fermare solo Gaunt, ma i suoi stessi cittadini dalla follia distruttiva a cui il Diavolo li ha spinti.

Ciò ci porta a un finale alla taralluci e vino che sotto un certo senso coinvolge anche l’antagonista. L’arrogante e superbo demone incapace di accetare la sconfitta – un’interpretazione del Diavolo del tutto leggitima – diventa nel film di Heston un cinico e pungente gentiluomo disposto a riconoscere il proprio fallimento, bollando gli abitanti di Candle Cove come patetici e valutando il tutto come “non uno dei suoi lavori migliori”, per poi andarsene in attesa della prossima grande avventura. E anche questa è un’interpretazione del Diavolo del tutto leggitima!

In chiusura

Sia ben chiaro: non mi sogno neanche di paragonare Cose Preziose a Shinning. Ma è comunque il film piacevole. I cambiamenti apportati dal libro non vanno a suo svantaggio, perché il registro è completamente diverso.

Il libro è ricco di dramma e pathos e una profonda analisi psicologica dei propri personaggi. Non vi è una redenzione per l’uxoricida paranoico Dan Keeton e non vi è la riunificazione dei abitanti contro Gaunt.

Il libro è pieno di divertimento e pizzazz e un messagio ottimista che ogni tanto non fa mai male. Non vi è la completa distruzione di Castle Rock per opera del Demonio e non vi è uno scontro epico, nella sua solitudine, contro i propri desideri illusori.

Direi che la vera “cosa preziosa” da fare in questo caso, sia di godersi entrambi i media e apprezzare le loro differenze per quello che possono dare al lettore/spettatore.

/ 5
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Elisa Bellumori

Laureata in Lettere e Antropologia, tutto il suo piano di studi si può tradurre in cinque semplici concetti: libri, fumetti, cinema, media, pizza. Cerca di farsi strada come scrittrice. Nel frattempo vi studia e osseva. Praticamente innocua.

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