Stasera in tv: Captive State (2019)
Se vi state chiedendo chi sia Rupert Wyatt, beh, si tratta del regista che nel 2011 inaugurò la rinata saga de Il pianeta delle scimmie. Rise of the planet of apes era un buon esordio, che poi sarebbe stato dimenticato per la manifesta superiorità dei due capitoli successivi. Due anni fa, però, Wyatt dirigeva un film forse più più personale, e probabilmente anche più riuscito: Captive state.
Questa sera alle 21.20, Rai4 ripropone quello che è stato a tutti gli effetti un flop commerciale. Il quinto film di Wyatt infatti è stato girato con un budget irrisorio (25 milioni) se si considera la spesa media per il genere. Ciononostante, al botteghino Captive state ha totalizzato meno di 15 milioni.
La storia si svolge a Chicago: la città, nel 2019, subisce gli effetti di un’invasione aliena su scala mondiale. La società si divide fra collaborazionisti e rivoluzionari. Questi ultimi, infatti, si oppongono all’obbligo di tracciamento individuale imposto dagli alieni, e ingaggiano una lotta all’ultimo sangue con gli invasori e con i terrestri che fanno parte della nuova società.
Dotato di un’ambientazione brillante e ben calibrato nella suspense, Captive state forse sconta il suo essere classico, nel senso più stretto del termine. La macchina da presa segue le (dis)avventure del giovane Gabriel Drummond (Ashton Sanders), fratello di Rafe, capo dei rivoluzionari. Attingendo dalla distopia americana (Essi vivono) Captive state non rinuncia a tratteggiare scrupolosamente il suo villain (John Goodman) con gusto europeo e sprezzo delle facili posizioni manichee.
Il lungometraggio, insomma, non merita l’insuccesso al quale critica e pubblico l’hanno condannato. Anzi, la sua visione si rivela ancora più indicata in un momento storico come quello attuale, dove la cultura del dubbio e la necessità della protesta sono generalmente schiacciate dalla ragion di stato.