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Recensione: Strange World

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Recensione: Strange World

Disney non è sempre garanzia di successo. Lo abbiamo visto spesso negli ultimi anni, e ancor di più a causa della pandemia.

Dove prima faceva da padrone la Disney nell’animazione, ora deve far spazio ad altri, come la Dreamworks o la Universal.

Strange Word – Un mondo misterioso

Un marchio non è indice di qualità, e se ad un’animazione strepitosa, visivamente mozzafiato ed accattivante poi non unisce una trama forte con un solido sviluppo dei personaggi, il fiasco purtroppo è dietro l’angolo.

È quello che è successo all’ultimo film d’animazione della Disney, Strange World, tanto ambizioso quanto povero di contenuti.

Disney poteva fare di meglio? Assolutamente sì.

Traumi generazionali, famiglia ed eredità.

Recensione: Strange World
Recensione: Strange World

La critica più comune che si fa ultimamente ai film animati Disney è che manca un antagonista. Un cattivo della levatura dei grandi come Scar, Jafar o Hans, che attirino una parte di pubblico e tengano inchiodati agli schermi fino alla fine.

Critica condivisibile fino ad un certo punto: al centro della trama c’è il conflitto tra i personaggi, tra diverse generazioni che devono imparare a guarire dai propri traumi e a superarli, in modo da non rompere il ciclo di abusi e dolore.

Tematiche che stanno molto a cuore e che certe volte colpiscono troppo vicino.

Fa onore a voler parlare del male che facciamo credendo di essere nel giusto, nelle scelte sbagliate che si fanno per amore.

Il problema è il modo in cui viene sviluppato. E la caratterizzazione dei personaggi.

Durante la visione del film si ha sempre l’impressione che manchi qualcosa, un pezzo di storia che potrebbe rendere più unitario il racconto.

Manca nella caratterizzazione, nello sviluppo della storia, persino nelle scelte che i personaggi fanno, che risultano non coerenti e persino forzate.

Recensione: Strange World
Recensione: Strange World

C’è un trauma che non ha una vera risoluzione. Viene affrontato, è l’ossessione del protagonista Searcher, la paura di ripetere gli errori paterni, o peggio, di veder suo figlio diventare come il nonno.

C’è un vero confronto? Nii.

Ci sono molti litigi, il rinfacciarsi del dolore causato in passato, l’impossibilità di comprendersi. E questa incapacità rimarrà fino alla fine. Certo, il padre di Searcher avrà una mezza redenzione, ma arriva così improvvisa che ci si chiede come sia possibile. Basta così poco per buttare venti cinque anni di ossessione? Basta un ricordo?

Per quanto sia visivamente godibile, nel suo insieme il film risulta essere mediocre. Un nuovo Pianeta del tesoro a cui manca però il carisma di  Jim Hawkins  o John Silver.

/ 5
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Annamaria Nazzaro

Collaboratrice, futura storica dell'arte (si spera) ed appassionata di fumetti, videogiochi, serie tv e film. Attualmente ho un podcast, Eva deve morire, su Spotify. Spero di potervi vedere presto anche lì.

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