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L’Isola del tesoro (Остров Сокровищ)

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L’Isola del tesoro (Остров Сокровищ)

Circa un anno fa, un nuovo meme ha fatto la sua comparsa nel grande oceano di Internet.

Si trattava di pochi secondi di animazione incentrati sulla camminata di un personaggio col sorriso e la stazza di uno che non si lascia fermare da niente. La personificazione del chad britannico.

Dagli abiti del personaggio è facile supporre che possa trattarsi di una clip di una qualche versione animata dell’Isola del Tesoro.

Quello che non salta subito in mente è che possa trattarsi di un cartone animato sovietico.

Prodotto nel 1988 dalla Kievnaukfilm e diretto da David Cherkassky, questo prodotto d’oltre cortina si è rivelato una piccola chicca da non lasciarsi scappare.

L’animazione non appare fluida e spesso si nota il cambio di mano degli animatori: ci sono intere scene che sono state disegnate come una transizione dei Monty Python. Tutta via ha un suo fascino e la regia ha saputo giocare bene fra i momenti di stasi e quelli di velocità in modo che il tutto risulti gradevole allo spettatore. In particolare ho trovato interessanti i close up e gli zoom praticati come movimento di camera.

Vi avvertirei del rischio di SPOILER ma, sul serio, chi non conosce l’Isola del Tesoro giunti a questo punto?

Il prossimo che mi propone L’Isola del Tesoro lo butto a mare.

La trama è quella di sempre. I ruoli dei personaggi e i loro rapporti anche. Che cosa aveva l’URSS da offrire che non fosse già stato fatto dall’Inghilterra, dagli Stati Uniti, dall’Italia e già una volta, nel 1938, anche da lei? Il punto di forza di Ostrov Sokrovishch è anche lo stesso motivo per cui è diventato un meme su Internet: lo stile surreale scelto per raccontare la storia. Malgrado certe linee di dialogo siano identiche alle frasi del libro (almeno nella versione inglese), non sembra di trovarsi nel mondo di Stevenson, ma in quello di Jacovitti.

L’ironia costante si tramuta molte volte in demenzialità sparata, senza che per questo la storia o i suoi personaggi mutino il loro percorso.

È come se intorno a un tragitto che siamo soliti percorrere per routine qualcuno avesse costruito un tunnel di specchi deformanti.

Si potrebbe pensare che, anni dopo, I Muppets nell’Isola del Tesoro abbiamo replicato l’effetto, ma in realtà no. L’eccellente film di Brian Henson, per raggiungere il suo scopo, muta i rapporti fra personaggi e le battute.

A tal proposito.

Come molti romanzi per ragazzi, L’Isola del Tesoro di Stevenson è un romanzo di formazione. L’avventura di Jim Hawkins è anche la sua crescita, la sua transizione dall’innocenza alla vita attraverso la conoscenza del pericolo e dell’inganno.

Tutto questo, nel cartone, non c’è.

Il nostro piccolo tovarish dai capelli rossi sembra a malapena avere delle reazioni agli eventi di cui è testimone. Nè lui nè gli altri personaggi hanno una crescita, ma rimangono immobili nella loro caratterizzazione sopra le righe.

Persino Long John Silver, uno dei personaggi più complessi della letteratura per ragazzi per la sua capacità di manipolare il prossimo, si trasforma in una figura bidimensionale. Rispetto ad altre versioni questo può essere visto come un diffetto, ma ritengo sia stata una necessità. Ostrov Sokrovishch è un film che punta sulla messa in scena e di conseguenza non ha spazio per approfodimenti psicologici dei personaggi.

Il dottor Livesy, da intelligente e saggio uomo di medicina, si è tramutato in un dottor Hibbert caucasico e in una macchina da guerra innarestabile. Ma come ha dimostrato l’interesse che la sua mera immagine ha scatenato negli utenti del web, ciò non è necessariamente un male.

Non saranno gli Alestrom, ma…

Una nota che differenzia la versione inglese da quella russa (entrambe reperibili online) è che la prima ha editato via delle parti, probabilmente ritenendole non essenziali o per risparmiare minutaggio. Sta di fatto che il film, per come era stato concepito, è costellato da intermezzi con attori in carne ed ossa.

L’introduzione stessa si apre con questi pirati della steppa che interagiscono con il disegno animato di Billy Bones. Un sistema analogo è usato anche per raccontare il passato di Ben Gunn, recitato da attori con stile, musiche e didascalie da film muto, per poi transizionare sull’animazione del povero Ben Gunn che si dispera. Al di là di questi due interventi, lo scopo principali di questi intermezzi è di lanciare messaggi educativi ai più giovani (non bere, non fumare, fare essercizio, non essere avidi) partendo dal materiale fornito dalla storia.

Senz’altro lo spettatore più grande o che queste cose se le è già sentite dire fino alla nausea non vede la necessità di queste scenette che rompono il ritmo del racconto, ma personalmente le ho trovate interessanti. Si avverte una notevole energia in queste scene e malgrado il limite di essere… beh…. persone reali, gli attori riescono a mantenere lo stesso livello di assurdo e demenziale dell’animazione.

Questo sistema ha inoltre permesso di creare dei titoli di coda che evidenziassero il rapporto fra attore e personaggio.

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Elisa Bellumori

Laureata in Lettere e Antropologia, tutto il suo piano di studi si può tradurre in cinque semplici concetti: libri, fumetti, cinema, media, pizza. Cerca di farsi strada come scrittrice. Nel frattempo vi studia e osseva. Praticamente innocua.

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