Consigli lettura: I’m the villainess, can i die?

Congili lettura: I'm the villainess, can i die?

Congili lettura: I'm the villainess, can i die?

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Consigli lettura: I’m the villainess, can i die?

Congili lettura: I'm the villainess, can i die?
Consigli lettura: I’m the villainess, can I die?

Raramente nei manwha isekai assistiamo alle conseguenze psicologiche di morire e rinascere in un altro mondo. Dopo la sorpresa iniziale e lo smarrimento di trovarsi letteralmente in tutt’altro mondo, le protagoniste o i protagonisti si adattano velocemente.

È logico, considerato che spesso devono trovare un modo per sopravvivere in un mondo che si impegna in tutti i modi per farli soffrire e/o morire in modo tragico.

Ma non sentono mai la mancanza delle loro vecchie vite? Non ci pensano mai? Chi erano prima? Avevano una famiglia? Degli amici? Qualcuno a cui potrebbero mancare?

Trasmigrare comporta avere anche una tabula rasa del passato?

Per quanto espediente narrativo comodo, non convince.

I’m the villainess è un’eccezione a questo trend. Però attenzione: avrete bisogno di molti fazzoletti se sceglierete di leggerlo.

Una morte senza dolore per la cattiva

Congili lettura: I'm the villainess, can i die?
Consigli lettura: I’m the villainess, can i die?

Nel suo mondo d’origine, la vita non è mai stata gentile con la nostra FL: adottata da una coppia senza figli, alla nascita delle figlia della coppia, viene messa da parte. La sorellina è malata e i genitori adottivi le danno la colpa (non chiedetemi come questo abbia senso, probabilmente l’autore voleva un fattore scatenante per degli scumbag abusivi. ) e da quel momento lei vive per la sorella minore.

Questo legame di codipendenza, di amore ed odio, è deleterio per la sua psiche, al punto che, alla morte della sorella e la conseguenze cacciata di casa, la protagonista non veda alcun motivo per vivere.

Il suo scopo dopotutto era prendersi cura della sorella, e senza di lei, anche FL deve morire.

Sceglie di suicidarsi, ma nel suo caso la morte non è la fine ,e si ritrova nel corpo di una cattiva di un romanzo, Serena, il cui desiderio è avere una morte senza dolore e con delle persone che la piangeranno.

Il problema è che Serena , come ogni cattiva che si rispetti, non ha nessuno che la possa piangere, forse solo la famiglia.

E FL ci prova, ma le manca la motivazioni. Al contrario di altri personaggi, lei non vuole evitare il destino finale della cattiva: il suo disinteresse alla vita , il suo essere senz’anima, è passato in quest’altro mondo.

Interessante dal punto di vista psicologico, I’m a villainesse, can I die?, è una storia di guarigione, di confronto con sé stessi e col proprio trauma, con da contorno una storia d’amore (elemento importante in questo genere di storie, ma che fino ad ora non ha snaturato la protagonista).

Parafrasando un noto personaggio, se sceglierete di leggerlo, Soffrirete, ma poi sarete felici, vedrete.

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