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Ciao mamma, vado in Giappone…e non ritorno più

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Perché andare in Giappone? O meglio, perché mai non andarci? Sono necessari dei motivi per farlo? La risposta, per Enrico Pierpaoli e Luca Raffaelli è no. Ma questo non influenza minimamente la follia dell’avventura che hanno messo su carta.

Uscito nel 2020 per Tunué, Ciao mamma, vado in Giappone ha per protagonista Enrichetto Cosimo. Il ragazzino, costretto dal bullo Frangipane a procurarsi 32 albi firmati del suo mangaka preferito, è soccorso dai suoi amici Beatrice e Polletti. La soluzione? Ma è ovvio. Si parte per il Sol Levante!

La settimana scorsa abbiamo avuto la fortuna di ospitare Pierpaoli (Astorina, Eli Edizioni, Mondadori, Erickson, HOP! Edizioni, Solferino, Tunuè), illustratore di Ciao mamma, al San Beach Comix @t Home. Durante la diretta, Pierpaoli ci ha parlato del suo folle amore per il fumetto giapponese, per le infinite possibilità del suo stile di disegno. Ecco, follia è la parola giusta. Del manga, Ciao mamma ha ripreso la straripante fantasia. L’avventura dei tre in estremo Oriente viene scandita da un ritmo allucinante, che mette in sequenza idee senza soluzione di continuità.

La mancanza di freni inibitori si riflette nello stile di disegno. «Mi piace molto di più la narrazione dinamica in stile manga rispetto a quella più classica, come nel fumetto francese – dice Pierpaoli – Anche il fumetto d’azione americano è molto dinamico, ma il manga ha veramente qualcosa che ti trascina in maniera incredibile. Linee cinetiche, prospettive quasi impossibili a quattro punti di fuga: queste cose le trovo nell’animazione giapponese e in poco altro».

Ironia e umorismo sono le parole d’ordine per condire il tutto di ulteriore divertimento. Anche questo aspetto, chiaramente, si riflette nel modus operandi dell’illustratore. «Sono nato con Disney – continua Pierpaoli – poi pian piano, sempre da piccolo, mi sono avvicinato molto a un umorismo un po’ meno buonista, come Cattivik o Lupo Alberto. Poi da lì è arrivato Ratman e ho cominciato a voler creare storie che facessero ridere».

L’avventura, insegna Ciao mamma, vado in Giappone, parte dal nulla ma non è mai fine a sè stessa. Il racconto si insinua nella figura di Enrichetto, con pochi sapienti tocchi di sceneggiatura che ne rivelano debolezze, fragilità e qualità. La storia avvince, perché in fondo narra il viaggio che tutti, in qualche modo, ricordiamo: quello fra l’infanzia e l’adolescenza. Tra paura del rifiuto, pericoli che valgono un biglietto aereo e amori che durano un battito di ciglia, i nostri tre eroi scoprono cosa conta di più nella vita: l’amicizia, la condivisione, l’empatia, l’immaginazione.

E a proposito di immaginazione, Ciao mamma è una vera e propria fabbrica del linguaggio. Parole ed espressioni nuove vengono inventate a getto continuo, nella consapevolezza che la comunicazione non è tanto l’insieme delle sue regole, ma tutto quello che succede in mezzo. Il fumetto, in questo modo, funziona anche come disamina delle nostre tare culturali, che mettono un filtro fra noi e ciò che è diverso. Per Enrichetto, Beatrice e Polletti, però, non è ancora arrivata l’età in cui si perde il senso di meraviglia.

In definitiva, se amate le storie pazzoidi, i peli nel naso, le pecore in aereo e i muscoli sopraccigliari, questo è il fumetto che fa per voi. Ma anche se vi piacciono Martin Scorsese, gli agguati nella giungla e le “i”. In Ciao mamma c’è questo e molto altro: basta sapersene innamorare, per non tornare più nel mondo reale.

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