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Breve analisi – La finestra sul cortile

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Breve analisi – La finestra sul cortile

La veduta iniziale sul cortile è come una veduta della realtà americana degli anni ’50. Hitchcock presenta così il suo film: un sipario si solleva andando a mostrare un piccolo cortile condominiale, fra palazzi scuri ma colorati dalle persone che li abitano. Il sipario non è null’altro che la tendina dell’appartamento del famoso fotoreporter L.B. “Jeff” Jeffries, costretto in sedia a rotelle in seguito ad un brutale incidente, un fuoripista, che gli è costato la quasi totale frattura della gamba sinistra e la completa rottura della sua macchina fotografica.

La prima sequenza

Una lenta panoramica ci mostra tutto il “palcoscenico”, il cortile, sede di tutti gli eventi dalle mille sfaccettature della quotidianità. Sempre la stessa inquadratura, ormai considerabile come mero piano sequenza, procede all’interno dell’appartamento, all’interno del nostro palchetto in prima fila da cui Hitchcock sceglie di farci vedere gli eventi, come se fossimo a teatro.

Nell’appartamento il fotoreporter è sulla sua sedia a rotelle, intento a schiacciare un pisolino solo per ammazzare la noia del tempo che non passa mai. Subito l’inquadratura ci mostra la sua gamba ingessata, con le firme dei suoi amici e familiari, nonché il suo stesso nome: questa è la prima inquadratura che, indirettamente, ci presenta il protagonista.

Subito dopo si procede con delle rapide vedute, sempre continue, sul tavolino vicino a lui: foto e riviste del suo mestiere. La sua macchina fotografica distrutta posta davanti ad una foto particolare: un’auto da corsa che si ribalta proprio in direzione dell’obiettivo della fotocamera. L’ultimo scatto prima dell’infortunio. E poi altri scatti, altre foto in bianco e nero appese alla parete, incorniciate ed esposte con cura ma tutte con un unico filo conduttore: l’attimo fuggente.

Sembra quasi che il fotografo ami attendere il momento giusto per immortalare quel qualcosa, quel rapidissimo attimo di straordinaria bellezza, eppure effimero data la sua brevissima, se non impercettibile durata. La caduta di una signora
mentre cerca di attraversare la strada, per poco investita da un’auto lì vicina; un’esplosione di fuoco alle spalle di alcuni ignari pompieri; un’altra colonna di fumo davanti dei soldati che la osservano compiaciuti.

La finestra sul cortile, Alfred Hitchcock (1954) - "Jeff" sulla sedia a rotelle intento a parlare con un amico
La finestra sul cortile, Alfred Hitchcock (1954) – “Jeff” sulla sedia a rotelle intento a parlare con un amico

Il magnetismo dello sguardo

L’inquadratura, il lungo piano sequenza, continua. Stavolta si sofferma per un istante su un particolare: il primo piano di una bellissima donna sorridente, forse una modella. Ma il suo sorriso è quasi inquietante rappresentato in negativo fotografico. Lo stesso sorriso, però, perde d’ogni sotto-impianto orrorifico quando la stessa foto, in positivo, è presentata sulla prima pagina di una rivista di moda.

La stessa donna, lo stesso sorriso magnetico ma in ambiti differenti. Ciò denota la grande bravura del fotografo, certo. È evidente che sia stato scelto proprio lui per realizzare il servizio fotografico della donna sulla rivista di moda Paris Fashions. Eppure, lo stesso “Jeff” ha deciso di esporre, per così dire, il negativo fotografico del primo piano. Una foto che ha dell’incerto, un inquietante dubbio racchiuso in un falso sorriso che perde ogni connotazione speculativa e “maligna” una volta trasposto su una rivista.

 La finestra sul cortile, Alfred Hitchcock (1954) - "Jeff" e Lisa
La finestra sul cortile, Alfred Hitchcock (1954) – “Jeff” e Lisa

Forse è questo ciò che vuole comunicare il regista: come una stessa immagine, alla maniera Kulešov, assuma delle connotazioni diverse a seconda del contesto in cui è posta. Fra il negativo e il positivo fotografico c’è come una contrapposizione tra ciò che “sta dietro” e ciò che “sta in superficie”. È come la veduta sul cortile: all’apparenza la tranquillità e l’ozio vigono sovrani mostrando la superficiale quotidianità, ma dietro quei mattoni si cela un indicibile mistero.

Un mistero di cui solo un cane ne è testimone.

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