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Black Cut – Ed Wood (1994)

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Se si eccettua Big eyes (2014), Ed Wood è l’unico film in cui Tim Burton affronta direttamente il mondo dell’arte, degli artisti e della produzione. In effetti ci sarebbe anche Dumbo (2020) che ci fa entrare nello showbiz circense. E a ben guardare anche Edward mani di forbice (1990) ha per protagonista un artista della lama creato da un Geppetto/scienziato pazzo. Per Burton d’altronde la vita stessa, o meglio il suo racconto, può essere arte (Big fish, 2003) e a seguire anche l’industria gastronomica (La fabbrica di cioccolato, 2004) e l’omicidio (Batman, 1989 e Sweeney Todd, 2007).

Tutto ciò che riguarda l’essere umano ha sempre un rapporto con la sua espressione. Nella manifestazione del proprio pensiero e dei propri sogni, il confine fra genio e follia è sempre molto labile. Il bianco e il nero, così distinti, finiscono per confondersi. Proprio come nella storia di Edward D. Wood Jr, unanimemente considerato il “peggior regista della storia del cinema”.

Per tutto ciò che abbiamo detto, il sesto film di Tim Burton può essere considerato il centro della sua filmografia. Un momento, cioè, nel quale si sono concentrate tutte le tematiche che il regista di Burbank ha già cavalcato nelle opere precedenti e che torneranno ad infestare quelle future. In parole povere, un giro di boa di rara consapevolezza e sentimento.

Ed Wood, siamo tutti d’accordo, non fu cineasta di talento. Ma questa non è la caratteristica sulla quale decide di soffermarsi Tim Burton. O meglio, non è l’unica. Questo strano personaggio, nato come tuttofare degli studios hollywoodiani di metà anni ’50 realizzò pellicole folli, dall’animo didascalico e dal gusto weird. E lo fece saccheggiando archivi, rubando pupazzoni, assistendo amici in difficoltà e intrigando con quella che per Burton è la peggiore feccia dell’industria cinematografica: i produttori.

Lo fece, soprattutto, ricorrendo i propri sogni, che più di una volta ce lo fanno apparire come quello scienziato pazzo che amava inserire nei suoi sci-fi a costo sottozero. Lo fece arruolando una brigata di matti, di freaks, proprio come lui. A spiccare, nella compagnia, è il Bela Lugosi di fine carriera, magistralmente interpretato da Martin Landau. Un uomo più inquietante dello stesso Dracula, personaggio che lo rese famoso negli anni ’30. Un uomo che è diventato, con il passare degli anni, la vittima del sistema-cinema, al quale non resta che la tossicodipendenza per andare avanti.

Glen or Glenda, La sposa del mostro, Plan 9 from outer space. Le tragicomiche vicende di Ed Wood sono scandite dal processo realizzativo delle pellicole che lo hanno reso famoso. Ad affascinare Burton non è tanto la resa finale di questi film, ma la loro costruzione. La storia non nasconde come ad Ed Wood mancasse la dote che ogni regista dovrebbe avere, ovvero la visione d’insieme. I suoi horror somigliano ad un Frankenstein venuto male, ma grazie a questo racconto tornano ad avere vita.

Dalla narrazione emerge la straordinaria capacità di adattamento di Ed Wood, che riusciva a vedere storie semplicemente accostando immagini di repertorio senza alcun nesso fra loro. E anche se il regista non riusciva ad infondere nel montaggio finale neanche una stilla delle intenzioni originali, non importa: per Ed Wood i suoi film erano magnifici. E non per eccesso di autostima, ma per la sua incondizionata aderenza al mondo dei sogni.

Il protagonista di questa storia è un sognatore, che non riesce a vedere i limiti delle proprie capacità. Ma questo modo di essere, nelle mani di Burton diventa un punto di forza: un’energia che ti fa andare avanti anche se il mondo ti reputa strano e inavvicinabile. Il bianco diventa nero e viceversa: la fotografia del film passa dagli accesi contrasti di chiara matrice espressionista alle scale di grigio tipiche del cinema a cavallo fra gli anni ’40 e ’50.

Ad essere inquietante è ben altro. Sono i rapporti strumentali e l’avidità, i soprusi perpetrati da chi pensa di poterli commettere impunemente solo perché mette mano al portafogli. Il mostro, in definitiva, è Hollywood stessa: la collina più famosa del mondo è protagonista dell’ultima sinistra carrellata. La fabbrica dei sogni è un Moloch che spreme talenti e speranze finché ne ha bisogno. Ed Wood è, in tal senso, il vero eroe del cinema: un cineasta indifendibile, che però ha lottato contro il Moloch. Perdendo la battaglia, certo. Ma nella consapevolezza che l’unica battaglia veramente persa è quella che si rinuncia a combattere.

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